22,00 – Questa notte il cielo si è improvvisamente coperto e sul far del mattino si è messo a piovere. Durante la mattinata ha continuato a piovere incessantemente. Nel pomeriggio, essendo nevicato in montagna, la temperatura si è abbassata pur continuando a piovere. Durante tutta la giornata alcuni automezzi germanici hanno attraversato Pallanza. Questo fatto si verifica essendovi ad Intra un comando di presidio della polizia germanica. Per terminare questa prima parte di impressioni (si tratta del quaderno No.1), riporto alcuni articoli della stampa circa l’occupazione di Domodossola. Sono uno del Corriere della Sera e l’altro de “L’Ardimento” di Novara.
Li abbiamo letti con attenzione ed è superfluo commentare. Tante sono le parole propagandistiche, tante sono le bugie, tante le distorsioni, che potrebbero essere subito poste in discussione, se potessero parlare i testimoni che hanno vissuto questa esperienza.
Comunque, quando arriveremo alla fine di questa vergognosa pagina della storia d’Italia, potremo con più tranquillità riporre le cose al loro giusto posto ed i fatti potranno essere visti nella più vera luce.
CORRIERE DELLA SERA del 22 Ottobre 1944
IN DOMODOSSOLA RICONQUISTATA
TRENTAQUATTRO GIORNI DI TIRANNIA
“DEMOCRATICA”
Domodossola 21 Ottobre:
E’ doloroso ma è necessario dire che una parte della popolazione di Domodossola, accolse, la mattina del 10 Settembre, l’ingresso dei “fuori legge” con manifestazioni di giubilo. Questo fatto sarà un rimorso eterno per coloro che, resi ubriachi dalla martellante propaganda nemica, avevano creduto nel fantasma della libertà di cui i “fuori legge” erano gli apportatori e che, trascorsi appena pochi giorni dall’instaurazione della giunta provvisoria di governo, messi cioè a contatto con la realtà della “liberazione” cominciarono a pentirsi amaramente del loro attendismo e presero a sospirare nostalgicamente pensando ai giorni della “schiavitù” fascista. Si, la lezione è indubbiamente servita, e si potrebbe scommettere a cuor leggero che le armi recate dai soldati italo-germanici avranno solo il compito di vegliare sull’operosità ricostruttrice della gente dell’Ossola.
Perché i trentaquattro giorni del governo dei “fuori legge” ha costituito veramente un inferno o meglio un purgatorio, visto che la pena non è stata eterna! per la popolazione di Domodossola e dei molti paesi della zona.
Vediamo dunque di narrarvi, con assoluta sincerità, come si è svolta la vita degli ossolani in questo triste periodo. E diamo anzitutto la lista dei nomi sui quali cade la responsabilità di tali dolorose vicende, perché la storia possa archiviarli dove si meritano. Come vi abbiamo detto i banditi appena entrati in città, vi insodiarono una giunta provvisoria di govorno, la qualo era così costituita: prof. Ettore Tibaldi, socialista, presidente e ministro per la giustizia, stampa e collegamento con l’estero; ing. Giorgio Ballarini, partito d’azione, servizi pubblici, trasporti, lavoro; dott. Mario Bandini, socialista, collegamento con autorità militare;
ing. Severino Cristofoli, partito d’azione, organizzazione amministrativa della zona; dott. Alberto Nobili, liberale, finanze, economia ed alimentazione; Giacomo Roperti, comunista, polizia; sac. Luigi Zoppetti, democristiano, istruzione, igiene e cultura; Amelia Valli, comunista, commissariato assistenza e collegamento con le organizzazioni popolari. Il prof. Zoppetti venne poi sostituito da un altro sac., il democristiano don Gaudenzio Cabalà. E’ sostituito pure il Roperti, non palesatosi abbastanza feroce, con un certo Colombo, ex sotto capostazione delle ferrovie ossolane, scacciato anni fa per reati comuni e ridotto a fare il fattorino in una ditta privata, nonché l’agitatore comunista alla macchia. II Colombo delle quali imprese vi narreremo, entrò nella giunta con lo pseudonimo di Oreste Filopanti. Infine il dott. Nobili cedette uno dei suoi incarichi, quello delle finanze, al democristiano Nicola Mari.
La giunta dipendeva dal comitato di liberazione nazionale della zona, cosi composto: avv. Tito Chiavenna, liberale; don Luigi Zoppetti, democristiano; avv. Ugo Claudio, socialista; Giuseppe Marchioni comunista; prof. Gian Franco Contini, partito d’azione, segretario. Il quale prof. Contini, per onorare il proprio partito, fu il primo a tagliare la corda allorché sentì odore di polvere, abbandonando il comitato la sera di mercoledì 12 Ottobre. Infine la popolazione di Domodossola poteva contare sui lumi di un sindaco, nella persona del socialista ing. Carlo Lightowier e di quattro assessori: il liberale dott. Nino Falcioni, il democristiano Ugo Pecchioli, il comunista Nino Porta e Dino Fasoli del partito d’azione.
Tutte queste egregie persone, che attualmente si rodono le unghie nell’ospitale terra elvetica, sarebbe logico supporre che fossero stati eletti dal popolo; altrimenti, che tipo di libertà avrebbero apportato i “fuori legge”? Niente affatto. Si è combinata una pastetta in famiglia. La qual cosa deve aver seccato non poco gli ossolani se, Liberazione, il giornale pubblicato a Domodossola nei 34 giorni, si sentì in dovere di scrivere nel suo numero del 30 Settembre, riportando una intervista con il “comandante”: “Ma l’impressione più viva che egli lascio in noi fu quando, alludendo alla costituzione della giunta, espresse il suo rammarico che non si sia pensato di chiedere democraticamente al popolo il suo parere circa la elezione della giunta”.
Queste frasi possono far intuire il grande accordo che regnava nello staterello ossolano. Se lo spazio non ci fosse tiranno, potremmo spulciare dalla raccolta dei giornali e dei fogli di informazione e di propaganda che siamo riusciti a radunare, una serie di fatti edificanti. Basti, per tutti, questo trafiletto che viene a confermare l’enorme attrito esistente tra le diverse bande partigiane: “Il comando del battaglione “Battisti” notifica che, per quanto a sua conoscenza, nessuna formazione garibaldina ha preso parte alla conquista di Masera,
operazione compiuta per intero dagli uomini del cap. Nemo”. Questa rettifica al bollettino delle operazioni è
davvero un capolavoro di umorismo.
Ma è tempo di vedere come vivevano le popolazioni mentre i capi erano impegnati nella gara della conquista dei diversi “cadreghini”.
Riprendiamo dall’ingresso in Domodossola, con relativi plausi delle colonne partigiane. Dopo pochi giorni cominciarono i malumori, i borbottii, le imprecazioni. Che diavolo stavano combinando i “fuori legge”? Che mai volevano significare quelle perquisizioni non dirette soltanto contro i fascisti, che naturalmente furono particolarmente tartassati, e tutte concludentesi con l’asportazione di oggetti di ogni genere, prelevati in nome di un patriottismo che cominciava a dare sui nervi? Giusto l’arresto del Podestà, del Pretore, del
segretario e del vice segretario del Comune, del capitano medico, si trattava di repubblicani ed era logico che dovessero pagarla cara, che i loro beni venissero sequestrati e dispersi ai quattro venti. Ma gli altri? Quell’Oreste Filopanti non esagerava forse, facendo prelevare oltre 300 persone e inviandole in campo di concentramento dove, è verità sacrosanta, venivano cibati con una scodella di riso cotto nell’acqua pura senza neppure un pizzico di sale, sia a colazione, sia a cena?
E il pane? Come andava la faccenda del pane venuto a mancare dopo nove giorni di “liberazione”? Venticinque giorni senza un tozzo di pane sono rimasti gli abitanti dell’Ossola, e senza un goccio di vino, mentre i “fuori legge” si davano un gran daffare a requisire viveri in ogni luogo per alimentare le loro sfrenate gozzoviglie.
E il latte? Come nutrirli i piccini, che ogni giorno più deperivano? E’ vero che la Svizzera, con una generosità interessata, inviava un po’ di patate, qualche scatola di latte in polvere e si offriva di ospitare sino a 1000 bambini. Ma come potevano le mamme separarsi dalle loro creature? Eppure un triste giorno dovettero decidersi. E il doloroso esodo ebbe inizio.
Frattanto la giunta a mo’ di consolazione, provvedeva a far togliere da tutte le sedi comunali le lapidi rammemoranti le sanzioni, perché ricordavano un sopruso commesso contro l’indipendenza del popolo abissino, e si dilettava a mutare i nomi delle piazze e delle vie. Ma ormai anche coloro che avevano applaudito l’ingresso delle colonne dei banditi erano giunti allo stremo della resistenza. Cominciarono a giungere le prime notizie dell’avanzata delle truppe italogermaniche. La speranza, ma anche il panico tra coloro che avevano sorriso ai banditi, cominciarono a serpeggiare. La sera del 12 Ottobre una parte di questi illusi del 10 Settembre, scese in piazza con le masserizie e chiese di essere recata a salvamento. Fu rinviata a casa e la giunta fece affiggere questo manifesto: “Cittadini non vi è ragione di allarme. Il principio di panico verificatosi ieri sera è sorto da notizie inesatte. Le formazioni dei patrioti combattono, resistono e tengono in ogni punto. Siate calmi, riprendete il vostro lavoro; conservatevi fiduciosi e sereni come sempre”.
Il 14 Ottobre le truppe italo-tedesche entravano in Domodossola, non in tempo però per evitare il saccheggio conclusivo da parte dei “fuori legge “, in rotta, settecento dei quali hanno stimato prudente varcare il confine. Anche i cittadini con la coscienza sporca sono fuggiti. Molti negozi sono chiusi. Nelle vie circolano poche persone. AI tramonto non vedi una sola coppia di fidanzati in cerca della penombra propizia alle dolci parole d’amore. E una città senza fidanzati è triste, tanto triste. Intanto gli autocarri repubblicani arrancano lungo le strade sconvolte dalla dinamite, per recare farina, riso, carne, latte agli ossolani. E qualcuno dei fuggitivi, stupito dinnanzi a tanta bontà, comincia a ritornare pensando:” Ma allora i fascisti non sono cattivi come ci hanno detto”.
Mario Sanvito
da “L ‘ARDIMENTO” di Novara
IL TRICOLORE REPUBBLICANO
SVENTOLA SU DOMODOSSOLA RITORNATA
ITALIANA
(corrispondenza del nostro direttore)
Salendo dall’Ossola Inferiore o dal Verbano, Domodossola si è presentata ai miei occhi in una visione superba che sa fondersi armonicamente con l’austerità selvaggia delle valli, in una cornice propria della bellezza alpina e formante, con le montagne d’intorno, come un chiostro monacale. La città trova i suoi appoggi occidentali alle pendici del Moncucco, all’imbocco della Valle Bognanco e il Toce. Sulla riva destra di questo fiume, antico e sacro alla storia ossolana, anticamente chiamato Athison o Athoson, che corre nella valle sino al Lago Maggiore, sorge Domodossola, ove dal 14 Ottobre è tornato a sventolare il tricolore d’Italia.
Tra le nubi, che per l’intera settimana avevano solcato il cielo e che per cinque giorni consecutivi avevano riversato acqua su acqua, è apparso il sole, che illuminava una colonna mimetizzata proveniente da Villadossola. Erano i paracadutisti del capitano De Sisti. Come la folgore del loro nome, marciavano certi di raggiungere per primi Domodossola. Poi il sole stende le ombre sulla strada di un altra quadrata formazione che viene da Beura, sono i volontari SS Italiani del Battaglione “Debizia” al comando del cap. Dal Dos. Un battaglione sicuro, irresistibile, comandato da un soldato di valore. Procedono, l’ingresso in Domodossola ce lo dice il comunicato ufficiale. Eccolo.
Alle ore 17,05 del 14 Ottobre XXII, il Battaglione “Debizia” Volontari SS Italiane, comandato dal Cap. Dal Dos (del gruppo Capitano Novek) è entrato in Domodossola, insieme a pattuglie di paracadutisti del “Folgore” ed al gagliardetto del fascio della Città”.
Esattamente un minuto dopo dal balcone del palazzo comunale il Tricolore senza croce bianca, ma puro ed incontaminato, arriva al vento ossolano innalzandosi verso il cielo, verso il sole di questo Ottobre italiano, di questo Ottobre di riscossa, di questo Ottobre di resurrezione. Si è innalzato solenne come un monumento, forte come una spada immortale, per incontrarsi col sole che quasi a simboleggiare la nuova vita per l’Ossola irradiava i suoi raggi di serenità e di bellezza. AI fianco del tricolore due quadri del Duce i cui occhi penetravano sino in fondo agli animi nostri e nel silenzio dicevano la soddisfazione del Capo. Nelle vie di Domo una festosità di giovinezza italiana. Era l’Italia quella vera, che tornava a Domodossola. L’Italia che non accetta compromessi, che combatte e combatterà, l’Italia della giovinezza senza fronzoli, pura nell’ideale, forte nel fisico, sincera nello spirito. La nostra Italia, che faremo grande contro tutto e contro tutti, qualunque cosa accada.
Qualche momento dopo, zoppicante, con la mano ferita e con i capelli che chiedono un attimo di riposo per trovare un parrucchiere, con il sorriso più schietto e tanto insabbiato d’Italia, è giunto il Cap. Novek, il tattico; colui che da il nome al gruppo e movimento alle azioni. E’ soddisfatto!
A sera è giunto il Commissario Federale con una rappresentanza della B.N, il cui grosso trovasi dislocato in diverso settore. Lo ha seguito il nucleo assistenza della “Colonna Duce” con su la colonna una chiara indicazione: “Viveri per la popolazione dell’Ossola affamata dai ribelli”.
Nella giornata di domenica il Ministro delle Comunicazioni della RSI, ha raggiunto Domo per esaminare la ripresa dei servizi dipendenti dal suo Dicastero.
L’azione dei vari gruppi di attacco si è spinta decisamente combattendo e snidando i banditi, in Valle
Cannobina, al centro occupava Mergozzo, Ornavasso, Bettola. Biforcandosi nella vallata del Toce. Più ad est di questa, tra la valle Cannobina e il Toce un’altra colonna con azione a raggiro si spingeva nell’interno e superata Trobaso, occupava Miazzina con avanzata parallela all’altro gruppo operante tra Mergozzo e Ornavasso. S. Bernardino, poche ore dopo era presidiato dalla nostra Brigata nera che la sera del 14 riceveva l’ordine di trasferirsi unitamente a reparti germanici, più ad ovest con una faticosa marcia attraverso i monti. L’azione si andava così sviluppando metodicamente senza procurare degli attardamenti, in modo da mantenere integro il ventaglio attenagliante che aveva i suoi punti estremi nel settore di Falmenta ad est, e nella valle Anzasca ad ovest; un braccare senza filtri, villaggio per villaggio che, lentamente, ma duramente, tendeva al rastrellamento di quelle valli che fanno corona alla grande valle dell’Ossola. Infatti altri gruppi d’attacco erano dislocati ad ovest del Toce, conducendo una concomitante azione fiancheggiatrice, sicura negli sviluppi ed inesorabile nella spinta.
Ma il gruppo del Cap. Novek era quello che spingeva le sue punte verso Domodossola. Un gruppo vivo, del quale oltre a reparti germanici ed altri italiani, fanno parte il btg. “Debizia” SS Italiane ed il btg. paracadutisti della “Folgore”; due battaglioni che, superato, il primo Beura Cardezza sulla sponda sinistra del Toce, e il secondo Villadossola sulla destra, hanno puntato decisamente su Domo, entrando alle 17,05 del 14 Ottobre. L’inalberamento del tricolore su Domo non ha fatto arrestare l’azione. Se Domodossola era la meta ideale, l’obiettivo principale è l’annientamento delle bande ribelli. Così il piano d’attacco è andato e va
sviluppandosi oltre Domo. Le bande cercano di sottrarsi ad un vero e proprio agganciamento, ritirandosi e disperdendosi, ma l’azione non dà loro tregua e si amplifica nelle valli e sui monti, crea passaggi da campo dove i banditi hanno fatto saltare i ponti, sviluppando una manovra che apre e chiude in tenaglia, che libera villaggi, paesi, casolari, aggira monti; va oltre rischiarata dal sole che di tanto in tanto fa capolino e imbiancata dalle nevi che rivestono le vette di queste Alpi Italiane. Vari villaggi sono già presidiati dalle forze dell’Asse, col tricolore tornato a garrire nell’onore e nella gloria. Le popolazioni si presentano ai nostri comandi chiedendo protezione e viveri. Si stanno così organizzando altre “Colonne Duce” per portare alle popolazioni affamate viveri e conforto. lI Fascismo non porta con sé la distruzione, ma porta l’ordine, la legalità, un sistema di vita civile ed umano: porta l’Italia quale è attraverso la storia quale noi la vogliamo; quella che i nostri Caduti sognavano, che i nostri poeti hanno cantata, che le nostre bandiere hanno sempre ammantata, che dà nome e vita alla civiltà dei Continenti. Intanto la vita di Domodossola ha ripreso il suo ritmo. La città è imbandierata, le vie pavesate di nastri tricolori, i muri coperti di manifesti e striscioni. Un tutto che dà una nota di vita riconquistata, una certezza nel futuro. E cantano i giovani, e passano per il centro e la periferia i reparti inquadrati: il canto delle vecchie e nuove canzoni di guerra e squadriste, il sole che brilla sugli elmetti, la cadenza dei passi chiodati, costituiscono la nota di una vita tornata nella pienezza della sua dignità. E la popolazione, prima assente, poi avvicinatasi, segue questa giovinezza e si intrattiene con essa. Farina, pane, pasta, zucchero, riso, ecc. sono tornati ad essere distribuiti tra la popolazione, giunti la sera del 14 con la “Colonna Duce” al seguito del Commissario federale. Mi sono trattenuto davanti a vari negozi ed ho visto i volti delle massaie rasserenati per le provvidenze predisposte ed attuate dal Fascismo novarese. Attendevano il loro turno per ritirare quel pane che da oltre un mese non mangiavano. Ricordo che una donnetta mi si è avvicinata dicendomi: “Da più di 30 giorni mangiamo solo castagne”. E’ una dichiarazione eloquente questa che unitamente alle parole di un anziano: “Ma questi fascisti non sono cattivi. Sono dei fratelli, dei soldati, degli italiani soprattutto”, stanno a documentare la realtà della “liberazione” e partigiana e anglosassone. Proprio così o uomo o donna ossolani – noi siamo degli italiani che vogliono la Patria grande ed onorata.
AI Fascio repubblicano e al Palazzo di Città il lavoro si svolge giorno e notte con alacrità: i camerati di Domo impegnano le loro ore per ricostruire quanto il così detto governo della liberazione aveva letteralmente distrutto. In questa ripresa di attività loro hanno a fianco lo stesso Commissario federale ed alcuni suoi diretti collaboratori; la sede fascista è affollatissima di popolo e per tutti c’è una parola e un aiuto. Giungono a Domo anche alcuni camerati scappati dai campi di concentramento organizzati dai banditi ed hanno tante e tante cose da raccontare che fanno inorridire e che avallano il giudizio espresso dagli autentici italiani sui così detti ‘’patrioti’’. Nel quadro di questa ripresa che già fa sentire i suoi frutti e delinea i suoi sviluppi, il Commissario Federale ha riunito i fascisti del posto ai quali ha dato direttive. Il nostro giornale uscito domenica in edizione straordinaria a Domo ha ora iniziato le sue pubblicazioni trisettimanali in edizione “ossolana” andando così a completare la ripresa totale di una vita che si era spenta e che le popolazioni sanno che è la vita dell’ordine, della serenità e dell’onore.
Malanotte